Un dato importante: la percentuale di donne nelle posizioni apicali delle aziende quotate in borsa in Italia è del 4%. Uno studio di Harvard riporta l’esistenza di una ritrosia da parte delle donne a prendere ruoli di comando all’interno dei gruppi e ad affermare la propria professionalità in modo adeguato.
Jane Fonda affermava che “Il femminismo è democrazia, perché finché le donne non sono adeguatamente rappresentate la democrazia è zoppa”.
Tra i tanti strumenti a disposizione delle donne per riaffermare il proprio ruolo, per prendersi i propri meriti, per evitare che, facendo un passo indietro, si trovino a lavorare dietro le quinte lasciando che qualcun altro brilli al posto loro c’è anche la retorica, che è l’arte del persuadere. In essa c’è un aspetto manipolatorio, ma la manipolazione è di per sé neutra, diventa buona o cattiva a seconda dello scopo che persegue.
La scuola italiana insegna la retorica solo in relazione all’analisi del testo, ma tutti siamo oratori anche a nostra insaputa, tutti noi utilizziamo inconsapevolmente le figure retoriche, ma ci manca la preparazione per utilizzarla efficacemente; e imparare a farlo è tanto più importante perché in qualsiasi contesto noi parliamo in pubblico ogni giorno, che sia in famiglia, al lavoro, nell’associazionismo o in qualsiasi altro contesto.
Il primo consiglio pratico serve ad andare contro la paura, il peggior nemico di ognuno di noi: tutti siamo ansiosi quando dobbiamo parlare in pubblico, nessuno escluso, e quando parliamo, consapevoli di questo, dobbiamo tenere a mente che se stiamo parlando ad un pubblico è perché quello è il nostro posto, essere ascoltati è un nostro diritto, che ci siamo conquistati attraverso il nostro lavoro. Va evitata l’autocensura: non esistono domande stupide, non esistono relatori troppo autorevoli, non esistono consessi in cui non sia opportuno intervenire se abbiamo qualche cosa da dire. Se in un qualsiasi contesto sociale qualcuno ha un privilegio che dovrebbe appartenermi difficilmente verrà ad offrirmelo: sono io che devo andare a prendermelo, per difendere il mio lavoro.
Le donne scontano alcune loro caratteristiche che, purtroppo, fanno perdere loro autorevolezza nei diversi consessi. Innanzi tutto il timbro della voce: la voce maschile viene percepita come più autorevole, al punto che Margaret Thatcher andò a lezione per abbassare il tono della propria voce per renderla più maschile, e la stessa cosa fece Michelle Bachelet quando divenne Ministro della Difesa in Cile. L’altro aspetto è che la gentilezza, che è un tratto molto comune nelle donne anche quando stanno dando degli ordini, spesso toglie efficacia all’ordine (in questo caso la tecnica teatrale può essere molto utile per far percepire quando sta venendo impartito un ordine).
Esistono poi dei comportamenti e dei giudizi diffusi che depotenziano le donne e spesso le privano dell’autorevolezza che spetta loro. C’è l’infantilizzazione sul luogo di lavoro, una forma di discriminazione mascherata da gentilezza subdola e capace di minare autorevolezza ed autostima. C’è la deplorazione della rabbia quando viene provata dalle donne, “se ti arrabbi sei più brutta”, ma la rabbia è inevitabile e spesso necessaria. Ci sono le lacrime in pubblico (per le donne è più frequente che la frustrazione sfoghi nel pianto, mentre gli uomini tendono a trasformarla in rabbia e a esprimerla anche fisicamente) che negli uomini vengono accettate (in particolar modo quando si è in un contesto socialmente riconosciuto come prettamente maschile) mentre nelle donne è spesso considerato una prova dell’inadeguatezza, incapacità di ricoprire il proprio ruolo.
Ci sono poi determinati aspetti legati alla rivalità tra donne. A volte, specie quando i ruoli femminili e i posti occupati da donne in un’organizzazione sono limitati, c’è la tendenza a competere e sgomitare tra donne per avere il posto migliore, e a confrontarsi solo tra donne. È un’abitudine dannosa e limitante, il confronto e la competizione va sempre fatto con tutti i colleghi, indistintamente dal sesso, ed è provato che negli ambienti in cui le donne si aiutano tra loro in ambiente lavorativo riescono ad avere maggior successo e a guadagnare di più.
Infine alcuni consigli:
- Se hai l’occasione di parlare fallo, perché quello è il tuo posto e te lo sei meritato.
- Nessuno è mai preparato al 100%: non sapere qualche cosa è del tutto normale; è giusto arrivare preparati, ma nessuno è mai onnisciente quando prende il microfono.
- Sbagliare è normale; le donne in particolare hanno un brutto rapporto con l’errore. Se capita di sbagliare, e capita sempre, è giusto capire come e perché è successo per evitare che si ripeta e imparare le lezione, ma subito dopo l’errore va dimenticato.
- Quando si parla non è necessario essere esteticamente perfetti. Non si può essere perfetti tutto il tempo. Inoltre, le persone particolarmente belle, e ancor più le donne, hanno un problema ulteriore, perché ci sarà sempre qualcuno che andrà a pensare che non sono su quel palco perché se lo sono meritato.
Una serata ricca di spunti e consigli. E un consiglio finale: il discorso migliore non è il discorso perfetto, ma quello che ha funzionato. Quindi il discorso più bello è quello che vi ha fatto ottenere un aumento!
Foto di Antonio Ros