Biloslavo, Gaiani, Micalessin – I conflitti dei nostri giorni – Pordenone – 17 giugno 2025

I conflitti in corso sono stati il tema di una serata ricchissima di spunti, informazioni, riflessioni e notizie grazie alla competenza ed esperienza dell’analista militare Gianandrea Gaiani e dei reporter di guerra Fausto Biloslavo e Gian Micalessin (“120 anni di guerre in tre”, hanno scherzato riflettendo sulla lunga e importante esperienza maturata in questo campo).

Da qualche anno le guerre in corso sono davvero vicine, e non si parla solo della distanza geografica (l’Ucraina dista 900km dal nostro confine orientale, il Medio Oriente non molto di più), ma anche per le dirette conseguenze che hanno sulle nostre vite: parliamo di emergenze umanitarie, ma anche di profonde conseguenze economiche che hanno un peso immediato sulle nostre vite.

Sul fronte mediorientale è evidente che la volontà di “esportare la democrazia” di Condoleeza Rice non ha dato gli esiti sperati. Biloslavo nota come il regime change sia tutt’altro che semplice, il popolo iraniano è terrorizzato dai bombardamenti israeliani da un lato, dai “guardiani della rivoluzione”, i terribili pasdaran (marciavano a piedi e torso nudo sotto la neve negli anni ’80, pronti a lanciarsi sul campo di battaglia contro il nemico con il compito di far saltare le mine per aprire la via all’esercito) che oggi sono i vertici dell’esercito, con le nuove generazioni ancora più intransigenti. E sono questi coloro cui l’ayatollah sta cedendo già oggi il potere, con la scusa di salvaguardare la catena di comando. Comunque vada il conflitto (e l’esito è tutt’altro che scontato, perché, come nota Micalessin, israeliani e americani stanno usando tanti missili scudo, armi costosissime e la cui costruzione richiede tempi molto lunghi) il dopo sarà delicatissimo da gestire, specie con la storia di cambi di regime fallimentari che si sono susseguiti negli anni: Cambogia, Afghanistan, Iraq, Libia sono stati tutti dei fallimenti con gravi conseguenze. Cruciale per l’esito sarà il ruolo giocato dagli americani (come sottolinea Gaiani sono loro ad avere le bombe necessarie ad espugnare il bunker iraniano e gli stealth per trasportarle), cruciale per la pace sarà il ruolo di Putin, curiosamente parte in causa nella situazione Ucraina e paciere invocato da Trump in Medio Oriente. E d’altronde Trump, nonostante la sua campagna elettorale da pacificatore, non sta ottenendo molto, e l’Europa, divisa e confusa, ha abdicato dal conflitto in Ucraina a quel ruolo di mediatore abile ed indipendente che aveva portato, ad esempio, alla tregua tra Iran e Israele durata fino a pochi giorni fa (con Erdogan che ambisce anche lui ad un ruolo da mediatore)

Sul fronte Ucraino una Russia capace di produrre in tre mesi gli armamenti che il resto del mondo produce in un anno avanza, ma davvero molto lentamente, i Ucraina, in una guerra che sta logorando entrambe le popolazioni (“sono popoli letteralmente scolpiti nel granito, con una volontà instancabile” spiega Biloslavo) e che sta costando davvero tanto ad entrambi, e per la quale i tre analisti vedono una soluzione come quella della tregua coreana con la zona franca sul 38 parallelo che dura dal ’53. D’altronde una guerra iniziata per fermare l’influenza della Nato sui confini russi vede quasi 1 milione di morti da parte ucraina a preoccupare Zelensky, e 3 membri della NATO in più a preoccupare Putin.

Ogni argomento è stato trattato con racconti in prima persona, con dettagli vivi e resoconti che hanno permesso al pubblico che ha gremito l’ex-convento di San Francesco di comprendere cosa sia la guerra vissuta dalle popolazioni. Un caso su tutti: il villaggio nel Donbass in cui lungo la strada principale la gente vive con l’artiglieria che passa sopra le loro teste e le notti vanno a dormire nelle loro cantine. Quelli su un lato della strada non vedono l’ora che arrivino i russi. Quelli sull’altro lato della strada si augurano che l’Ucraina non ceda terreno per il terrore che hanno che arrivino i russi.

Un momento emozionante con cui si è conclusa la serata è stata la proiezione di un breve video, trailer di un documentario, con cui i due reporter hanno ricordato il loro amico e collega Almerigo Grilz, morto in Mozambico, ai piedi dell’albero sotto cui è sepolto, e su cui i due amici quest’anno, con l’aiuto della popolazione locale, hanno apposto una targa commemorativa.

Foto di Antonio Ros

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